Giornalisti nella storia indaga l’apporto fondamentale del giornalismo italiano alla costruzione e al mantenimento della democrazia nel nostro Paese. La collana propone studi e biografie di chi ha tracciato la strada di intere generazioni di reporter dai periodi più bui del Secolo breve alla rinascita postbellica, alle sfide del terzo millennio.
Paolo Murialdi giornalista professionista, redattore capo del quotidiano milanese Il Giorno, è stato presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana dal 1974 al 1981. Questo volume raccoglie gli scritti e gli interventi di Murialdi nel periodo in cui ha presieduto la Federazione e che testimoniano il suo determinante impegno nel processo di riforma dell’editoria.
Impegno che sfocerà finalmente nell’elaborazione e nell’approvazione della legge n. 416 del 1981, che ha previsto la gradualità degli interventi economici dello Stato a favore dell’editoria giornalistica.
Paolo Murialdi ha inoltre favorito l’introduzione, per la prima volta nel panorama legislativo italiano, delle misure antitrust, ha dato vita a una authority di garanzia e di controllo, ha attuato dopo decenni di inerzia legislativa il mandato dell’art. 21 della Costituzione sulla pubblicità delle proprietà editoriali e sui suoi nuovi mezzi di finanziamento.
Tutti obiettivi che Murialdi aveva sollecitato, come testimonia questa raccolta di scritti.
Alberto Bergamini inventore del giornalismo moderno
ALBERTO BERGAMINI (1871-1962), giornalista e politico del ’900 è stato l’inventore del giornalismo moderno.
Fondatore e direttore de «Il Giornale d’Italia», il quotidiano più diffuso per decenni nel centro e nel Mezzogiorno, ha inventato la terza pagina, ha introdotto l’uso delle illustrazioni e delle fotografie, ha messo al centro del giornalismo la ricerca e l’inseguimento costante delle notizie, arrivando a pubblicare sino a sette edizioni al giorno del suo giornale. Senatore del Regno, è stato, insieme ad Albertini e Frassati, l’artefice e l’interprete di una stagione irripetibile della storia politico-giornalistica del nostre Paese.
GIANCARLO TARTAGLIA direttore della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e Segretario Generale della Fondazione sul Giornalismo Italiano “Paolo Murialdi”.
È stato collaboratore di Nord e Sud, La Voce Repubblicana, Roma, La Gazzetta del Mezzogiorno, Nuova Antologia.
Ha pubblicato studi e ricerche sul mondo laico e democratico italiano. In particolare, I Congressi del partito d’Azione 1944/1946/1947 (Ed. Archivio Trimestrale 1984), Un secolo di giornalismo italiano. Storia della Federazione nazionale della stampa italiana I (1877-1943) (Mondadori 2008). La Voce Repubblicana. Un giornale per la libertà e la democrazia (Ed. Voce Repubblicana 2012), Francesco Perri dall’antifascismo alla Repubblica (Gangemi Editore 2013 ). Ha curato il volume di Michele Cifarelli, Libertà vò cercando… Diari 1934-1938 (Rubbettino 2004) e i primi due volumi Scritti 1925-1953 (Mondadori 1988) e Scritti 1953-1958 (Presidenza del Consiglio dei Ministri 2003) dell’opera omnia di Ugo La Malfa.

Il romanzo della vita di irene brin
Irene Brin, (1911-1969), maestra di stile e di bon ton, come giornalista adottò vari pseudonimi: Marlene, Oriane, Mariù, Maria Del Corso, Geraldina Tron, Clara Radjanny von Schewitch e, soprattutto, Contessa Clara e Irene Brin.
Con la sua scrittura brillante e inconfondibile rivoluzionò il linguaggio paludato e depressivo delle testate italiane dell’epoca, prima interprete del cosiddetto “giornalismo di costume”. Ruolo che le rimase sempre stretto.
Per fare l’inviata di guerra e Esteri dovette assumere vari pseudonimi dribblando la censura del fascismo. Dopo un paio di generazioni, la sua lezione aprì la strada al lavori di Lietta Tornabuoni, Camilla Cederna, Natalia Aspesi e Oriana Fallaci.
Con il marito Gaspero Del Corso fece della galleria L’Obelisco a Roma il luogo dei debutti dei più rivoluzionari artisti a cavallo degli anni 40 e 50, da Vespignani a Burri, da Calder a Rauschenberg. Maestra di stile e di bon ton, aprì la strada alla moda italiana nel mondo.
Claudia Fusani, giornalista professionista dal 1990, fino al 1999 è cronista a Firenze dove lavora per l’edizione locale di Repubblica. Nel 1999 passa alla redazione Interni di Repubblica a Roma dove segue alcune indagini di grande clamore (nuove Brigate Rosse, G8 di Genova, mafia etc.). Per la redazione Esteri di Repubblica segue le missioni militari in Iraq e Afghanistan. Nel 2008 passa all’Unità come capo servizio/inviato specializzandosi sulla politica giudiziaria e sulle cronache parlamentari. Scrive una biografia a puntate di Silvio Berlusconi e ne segue le varie inchieste. Dal 2008 è ospite in vari talk show di La 7, SkyTg 24, RaiNews 24, RaiUno, RaiDue, RaiTre, Retequattro, Canale 5, TGCOM24. Da luglio 2017, con la sospensione delle pubblicazioni de l’Unità, scrive per il sito di news Tiscali.it
1944-1946
Racconto illustrato dell’anti-giornale politico satirico Cantachiaro
Abbiamo letto i libri di storia sull’Italia nel triste periodo dal 1943 alla fine della guerra ma forse ci sono sfuggiti i frammenti di vita vera. E che sia proprio un anti-giornale politico satirico a mostrarceli con sagace ironia non ci sorprende: commedia e tragedia sono in molti casi intercambiabili, soprattutto durante il fascismo.
Qual era per il popolo il vero volto dei due dittatori Mussolini e Hitler?
Quali erano le speranze con l’arrivo degli angloamericani liberatori? E cosa si pensava della riapertura di Montecitorio o della litigiosità dei componenti del CLN? Di Togliatti, di Nenni, del re o di De Gasperi?
A queste domande, e a molte altre, questo libro risponde seguendo il filo conduttore della storia di quegli anni in simbiosi col vasto e preciso racconto del giornale Cantachiaro con i suoi articoli appassionati e patriottici. Con le sue vignette e le sue caricature audaci e sorprendenti dove nulla è lasciato al caso.
La satira è custode delle libertà,
illumina il cammino della storia
e ammonisce i potenti
Il 12 febbraio 1924 usciva il primo numero de l’Unità – Quotidiano degli operai e dei contadini.
Questo volume ricostruisce la storia dell’Unità, il giornale più amato dal popolo di sinistra, attraverso le testimonianze dei suoi molti direttori da Pastore a Sergio Staino passando per Ingrao, Tortorella, Macaluso, D’Alema Veltroni e così via.
La ricostruzione storica è affidata non solo alle testimonianze e alle interviste dei suoi direttori ma anche all’apparato iconografico di pagine del giornale che meglio di tutte raccontano la sua trasformazione da giornale di Partito in giornale popolare di massa che, come diceva Pajetta, avrebbe dovuto farsi amare, leggere, ispirare, illuminare sulla vita e sul mondo.
E così lo interpretarono i militanti di partito, che lo esibivano come simbolo identitario.
L’esperienza pratica di una giornalista democratica statunitense nell’Italia del Risorgimento
Quando Roma capitale era un sogno
Dalle corrispondenze di Margaret Fuller emerge il pensiero dell’autrice, una delle donne simbolo del lento ma incessante cambiamento che durante il Risorgimento, anche nella società italiana, avrebbe fatto progredire il non facile affermarsi dell’emancipazione femminile.
In questo testo: 27 reportage di Margaret Fuller, 644 pagine, 1.118 note, 685 nomi citati, 583 luoghi citati, 112 immagini storiche.
L’Istituto Internazionale di Studi “Giuseppe Garibaldi” è l’organismo che, nella Rete degli Istituti Storici nazionali, è particolarmente impegnato a promuovere e tramandare, in Italia e nel resto del mondo, lo studio del pensiero e dell’azione di Giuseppe Garibaldi, così come dell’epopea garibaldina.
In occasione della pubblicazione di quest’opera, che costituisce una testimonianza oculare indipendente del periodo storico 1847-1850, periodo di cui Giuseppe Garibaldi fu uno dei principali protagonisti, l’Istituto è lieto di fornire il suo contributo riconoscendone la valenza storica, storiografica e documentale.
Giuseppe Garibaldi
Direttore Istituto Internazionale di Studi “Giuseppe Garibaldi”
SERGIO LEPRI ha diretto per oltre 30 anni l’agenzia Ansa, facendola diventare una delle più prestigiose agenzie di informazione nel mondo.
In questa lunga intervista Lepri ripercorre il suo cammino professionale e umano, partendo dai mesi della liberazione di Firenze e dalle sue prime esperienze all’Opinione e alla Nazione del Popolo, quotidiano di informazione pubblicato dal Comitato di liberazione nazionale toscano.
Alessandro Foggia, gli scoop, le storie, le foto
La sua foto più famosa è quella dell’attentato a Karol Woytila. Era tra i pochi fotoreporter presenti in Piazza San Pietro quel 13 maggio 1981, quando Mehmet Ali Ağca sparava al Pontefice. I suoi scatti fecero il giro del mondo. È una caratteristica di Alessandro Foggia quella di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. In Piazza San Pietro come nei night romani della Dolce vita; appostato sotto il balcone della residenza romana di Audrey Hepburn per immortalarla mentre pulisce il balcone o in un supermercato, per consegnarci un inedito Mario Draghi che spinge il carrello della spesa.
È questione non di fortuna ma di fiuto e di certosina attenzione alle notizie.
In questo libro Andrea Nemiz ricostruisce la carriera di uno dei più famosi fotoreporter romani, che dalla borgata Gordiani, dove è cresciuto, ha conquistato le copertine di quotidiani e magazine internazionali.
Un libro che ci offre uno spaccato della storia e del costume degli ultimi 60 anni ma ci porta anche nelle camere oscure, piene dell’odore acre degli acidi di stampa.
Come erano i giornalisti alla fine degli anni Cinquanta? Come lo sono oggi?
Il mondo del giornalismo ha subìto una rivoluzione copernicana. In che modo e perché è avvenuta una simile metamorfosi?
A questi interrogativi risponde Bruno Tucci, raccontando i suoi oltre 65 anni di professione prima come cronista, poi come inviato del Messaggero e del Corriere della Sera.
Prima degli anni Ottanta i telefonini erano una chimera, si andava avanti con i gettoni che rischiavano sempre di finire. Gli articoli di chi partiva come inviato venivano dettati a uno stenografo, in tipografia i titoli venivano fatti a mano dagli operai e si impaginava in un modo che oggi sarebbe difficile spiegare.
È una storia che non si deve dimenticare se si vuole fare un paragone tra allora e adesso. Ora la musica è totalmente diversa: la tecnologia ha stravolto l’informazione. I twitter e i facebook dilagano e spesso le notizie finiscono nelle mani di incompetenti.
BRUNO TUCCI Dopo aver ottenuto la laurea in giurisprudenza alla Sapienza, entra a far parte della redazione del “Messaggero” nel lontano 1957. Prima come cronista, poi come vice capo cronista e poi come inviato. Fino alla fine del 1978 segue gli avvenimenti di rilievo che si svolgono in Italia e in Europa: la rivolta dei “boia chi molla” a Reggio Calabria, il processone delle Brigate rosse a Torino, i vari omicidi del terrorismo e i viaggi nell’Albania comunista di Enver Hoxha e in Medio Oriente. Nel 1978, viene assunto come inviato al “Corriere della Sera” dove rimane per oltre 22 anni. È in questo periodo che gli avvenimenti si susseguono uno dopo l’altro e, per ordine della direzione, li segue quasi tutti. In primo luogo il terremoto in Irpinia e in Basilicata; l’arrivo dei primi migranti albanesi in Italia; e in politica e nello sport gli interventi cosiddetti di colore. Nel 1995 viene eletto presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, dove rimane per 18 anni, fino al 2013.
Conversazioni sul giornalismo con Massimo Rendina
Sono stato direttore del telegiornale un paio d’anni. Poi fui cacciato.
Su due piedi mi fu comunicato che avrei dovuto lasciare “perché ero comunista”.
Io fui cacciato proprio perché mi ribellai a questo potere…
Ma certe cose non si possono chiedere a un giornalista partigiano.
Conversazioni sul giornalismo con Massimo Rendina, esponente della Resistenza e giornalista (Venezia, 4 gennaio 1920 – Roma, 8 febbraio 2015).
Un’analisi senza sconti sullo stato del giornalismo italiano e sul sogno – naufragato in parte – di chi ha combattuto nella Resistenza per una stampa libera e indipendente. Dalla mancanza di un editore puro al controllo della politica, dalle pressioni dei gruppi di potere al conflitto di interessi: perché in Italia l’informazione soffre di un deficit di libertà.
Un testamento sul mestiere di giornalista e sul suo ruolo di servizio pubblico, lasciato da uno degli eroi della Resistenza che fu primo direttore del telegiornale della Raie ne fu cacciato per disubbidienza alla politica.
Marcello Geppetti da via Veneto agli anni di piombo
La Dolce Vita è alla porte: Marcello Geppetti diviene uno dei paparazzi più celebri.
Davanti alla sua macchina fotografica passano i più grandi personaggi dell’epoca:
Federico Fellini, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Totò, Audrey Hepburn, Brigitte Bardot, Claudia Cardinale
Marcello Geppetti è stato uno dei più grandi fotoreporter italiani del Novecento. David Schonauer, editor di American Photo, lo ha definito «il fotografo più sottovalutato della storia».
Muove i primi passi nel settore negli anni 50, quando entra nella redazione della rivista Serena. Di lì a poco inizierà a lavorare per l’agenzia Giuliani e Rocca e poi per la Meldolesi-Canestrelli-Bozzer.
La Dolce Vita è alla porte e in quegli anni scatta due immagini che faranno il giro del mondo: il bacio tra Liz Taylor e Richard Burton a Ischia e Anita Ekberg nell’atto di scagliare dal suo arco le frecce contro i paparazzi.
Nel 1966 diventa uno dei fondatori dell’AIRF (Associazione Italiana Reporters Fotografi), che porterà i fotoreporter nell’Ordine dei giornalisti.
Terminata la stagione della Dolce Vita, prosegue con l’attività fotografica virando verso il fotoreportage. Sono gli anni di piombo, di cui Geppetti scatterà testimonianze struggenti ed emblematiche.
Le sue fotografie hanno fatto il giro del mondo e sono state ospitate in gallerie e musei di Roma, Milano, Venezia, Londra, Lisbona, Sao Paulo, San Pietroburgo, San Francisco, St.Tropez, Bologna, Modena, Metz, Madrid, Toronto, Francoforte, Haifa.
Nel 2010 il Museo del Cinema di Torino ha scelto 120 tra le sue immagini per celebrare i 50 anni dal film La Dolce Vita. I suoi scatti sono inoltre comparsi sulle pagine di Time Magazine, Life, Vogue. New York Times e il Newsweek lo hanno paragonato a Henri Cartier-Bresson e Weegee.
Storia di Arnaldo Fraccaroli, cronista del corriere della sera
Questo è stato il veronese Arnaldo Fraccaroli (Villa Bartolomea 1882-Milano 1956), per quasi 50 anni inviato del Corriere della Sera.
Grazie alla sua versatilità, Fraka – così amava anche firmarsi – produsse migliaia di articoli d’ogni genere e oltre cento tra romanzi, libri di viaggi, novelle, saggi, lavori teatrali e biografie (tre sull’amico Puccini).
Aveva prima di tutto classe da vendere e una capacità straordinaria di passare dal reportage di guerra alla commedia brillante.
Inventò inoltre l’espressione “dolce vita”, così titolando una sua opera.
Fu inotre, durante il primo conflitto mondiale, uno dei migliori corrispondenti dal fronte.
Rese celebre la frase “meglio vivere un’ora da leone che cent’anni da pecora” e per il suo comportamento in battaglia ottenne una croce e una medaglia al valor militare.
È stato uno dei primi cronisti a volare su dirigibili e aeroplani e a visitare Hollywood. Scoprì e fece conoscere l’America degli “anni ruggenti” e il jazz.
Dal 1920 al 1940, girò tutti i continenti, svelando agli italiani il mondo e le novità del secolo.
Gianpietro Olivetto, nato nel 1950 a Lonigo (VI), vive a Sacrofano (Roma). Giornalista professionista. Già caporedattore Rai. Inviato, caposervizio e vaticanista a Il Mattino di Napoli (per 15 anni) e a L’Informazione.
Ha seguito grandi fatti di cronaca e una quarantina di viaggi di Giovanni Paolo II. Redattore a L’Eco di Padova, Il Diario, Il Gazzettino, Il Giornale di Vicenza.
Dal 1996 al 2014 in Rai: cronista alla struttura per il Giubileo del 2000; conduttore dei giornali radio della notte, dell’alba e del pomeriggio/sera; redattore capo a Gr Parlamento.
Collaboratore per anni del settimanale Oggi.









